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La risposta esatta è scegliere di girare E e 5

 

Quando giriamo la E, se dall’altra parte c’è un numero dispari, siamo fortunati. Abbiamo trovato una carta che ha una vocale da un lato e dall’altro non ha un numero pari, bensì un dispari. Questa scoperta dimostra che la regola è falsa e possiamo risparmiarci di indagare ulteriormente. Se invece dietro la E c’è un numero pari, abbiamo una conferma della regola. A questo punto però dobbiamo andare a girare la carta col numero 5. Dietro infatti potrebbe esserci una vocale. In questo caso la regola è falsa, perché non vale in generale. Anche se dietro la E abbiamo trovato un numero pari, ora scopriamo che c’è una carta con una vocale da un lato e un numero dispari dall’altro.

Se è la prima volta che ci cimentiamo con il test di Wason e abbiamo sbagliato, non meravigliamoci. La maggior parte delle persone sbaglia. Da quando negli anni Sessanta Peter Wason, psicologo inglese, pioniere degli studi sul ragionamento, ha ideato questo test, si è visto che sono poche le persone che rispondono correttamente, a prescindere dal livello di istruzione e dal tipo di studi. Inizialmente anche i logici di mestiere lo sbagliavano. C’è da dire anche che non tutte le persone che rispondono correttamente hanno fatto il ragionamento giusto. A volte hanno semplicemente indovinato.

Molti scelgono E e 2. È sbagliato, perché se dietro la E troviamo un numero pari, cioè abbiamo una conferma della regola, poi restiamo a piedi. Girare il 2 infatti può farci ottenere un’altra conferma o non dirci nulla di rilevante: se dietro c’è una vocale, abbiamo un’altra conferma, se invece c’è una consonante, la cosa è irrilevante, dato che la regola non parla di consonanti. Dietro il 5 però potrebbe esserci una smentita e noi non abbiamo più carte da girare.

C’è chi include nella scelta la F, cosa priva di senso se abbiamo chiara la regola. C’è anche chi sceglie una carta sola, autolimitandosi e mettendosi nelle condizioni di non poter venire a capo del problema.

Perché la nostra mente sbaglia? A volte interviene un matching bias: tendiamo semplicemente a fare un riscontro. La regola parla di vocali e numeri pari, nelle quattro carte la vocale che vediamo è la E ed il pari è il 2. Così giriamo E e 2 senza stare troppo a ragionare.

Altre volte fraintendiamo la regola. Dice: se una carta ha una vocale su un lato, sull’altro avrà un numero pari. Non dice che vale anche l’inverso: se una carta ha un numero pari da un lato, sull’altro avrà una vocale. Noi invece ragioniamo come se la regola dicesse tutte e due le cose. In logica si dice che scambiamo un condizionale (se A, allora B) per un bicondizionale (se A, allora B e se B, allora A). Questo fraintendimento della regola può spiegare come mai a volte si sceglie la carta con il numero 2 o con la F. Vogliamo verificare se dietro il numero pari c’è o meno la vocale oppure se per caso dietro la F non ci sia un numero pari, cosa che smentirebbe la regola (immaginaria) che dietro il pari c’è la vocale.

Spesso a indurci in errore è la tendenza alla conferma, confirmation bias. Quando abbiamo in mente un’ipotesi, per stabilire se è vera, andiamo a cercare le prove a favore, anziché quelle contrarie. Nel test di Wason chi sceglie E e 2 a volte lo fa perché va alla ricerca di prove che confermino la regola. Non si rende conto che sono più importanti eventuali prove in grado di smentirla.

Errori logici come quelli svelati dal test di Wason, come pure molti altri che oggi conosciamo bene, si commettono anche in medicina. Ad esempio, se abbiamo il sospetto di una malattia, la tendenza alla conferma ci spinge a cercare altri segni di quella malattia. Logicamente è errato. La procedura migliore è cercare prove contrarie. Una smentita infatti vale più di molte conferme, che crollano non appena arriva una smentita. Così, se sospettiamo che una persona abbia una malattia, la strategia migliore è andare a cercare informazioni che ci consentono di escludere quella malattia. Continuare a cercare prove a favore fa accumulare le cosiddette informazioni pseudodiagnostiche, quelle informazioni che fanno progredire la diagnosi solo in apparenza, dandoci la sensazione di saperne di più senza fare effettivi passi avanti.

Dalle ricerche è emerso che i medici, quando sono alle prese con problemi clinici, tendono mediamente a commettere meno errori di ragionamento dei profani. Le loro prestazioni razionali sono particolarmente buone quando sono immersi nella pratica concreta e quando ragionano in settori nei quali hanno molta esperienza. In ogni caso anche un medico è soggetto alle comuni tendenze erronee della nostra mente. La mente di un medico è la mente di un uomo.

Come mai tutti noi commettiamo errori di ragionamento? E come mai i medici se la cavano meglio a ragionare sulle questioni mediche, specie su quelle cui sono abituati?

La faccenda è complessa e la ricerca deve ancora chiarire molte cose. Sembra però centrale il fatto che noi abbiamo due menti: una mente adattativa e una mente razionale. La prima, l’adattativa, pensa in modo utile a cavarcela in pratica, soprattutto nella vita sociale, in mezzo agli altri e alle realtà sociali. La nostra mente razionale invece cerca di capire effettivamente come stanno le cose e di fare valutazioni e scelte obiettive.

Gli errori di ragionamento non sono errori per la nostra mente adattativa. Al contrario sono funzionali, utili a cavarcela. Ad esempio, tendere alla conferma non ci aiuta a capire come stanno veramente le cose nella realtà. Tuttavia ci fa sentire bene, per il semplice fatto che è più piacevole raccogliere conferme delle proprie ipotesi, piuttosto che smentite. In fondo una mia ipotesi è mia e, se viene confermata, in qualche misura vengo confermato io. D’altra parte spesso per regolarci nella vita di tutti i giorni non abbiamo bisogno di sapere come stanno esattamente le cose, ci basta adottare regole prudenti, che ci mettono al riparo da problemi, anche se sono false.

Quando la situazione richiede di essere obiettivi, la nostra mente adattativa deve lasciare il posto alla razionale. Se questo non accade o accade in modo insufficiente, gli errori logici smettono di essere funzionali e diventano un problema.

Ci sono versioni del test di Wason che aiutano a capire il gioco delle due menti. Ne troviamo sotto una, il test di Griggs e Cox. Qui la risposta corretta è abbastanza facile da dare. Quasi certamente sceglieremo “beve birra” e “ha 16 anni”. Eppure, se ci riflettiamo, è come se stessimo scegliendo E e 5 nel test di Wason. Qui però siamo in un contesto concreto e arriviamo alla soluzione con la mente adattativa, senza bisogno di essere logici. La nostra mente adattativa però è essenzialmente sociale, cioè funziona bene in contesti di vita sociale. Quando abbiamo a che fare con la natura, come accade nei problemi medici, dobbiamo far entrare in gioco l’altra, la razionale, altrimenti rischiamo di sbagliare.

Probabilmente i medici sono avvantaggiati perché per loro i problemi clinici, specie quelli cui sono abituati, fanno parte del loro contesto di vita.

BEVE BIRRA

BEVE COCACOLA

HA

22 ANNI

HA

16 ANNI

Mettiamoci nei panni di un poliziotto che entra in un pub per controllare se per caso ci sono persone che bevono alcolici pur non avendo l’età per farlo. Siamo in California, dove gli alcolici in un locale pubblico si possono consumare a partire dai 19 anni.

Dobbiamo controllare se è vera o falsa la regola scritta qui sotto in blu.

 

Se una persona sta bevendo birra, deve avere più di 19 anni

 

Per verificare la regola dobbiamo andare a vedere cosa stanno bevendo le persone indicate sulle carte.

Possiamo controllarne al massimo due. Quali scegliamo?

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